lunedì 6 luglio 2015

Arcani Vs Bacone - finale (racconto)


"... e salutateci al Papa!" Non questo!

E questa volta è veramente finito!


Arcani Vs Bacone

La porta si apre.
I due romani sono ormai sulle sedie da ore. Davanti a loro, sul tavolo, una decina di bicchierini di plastica per il caffè, vuoti. Andrea ha un groppo in gola, Giorgio è meno teso ma ha un tic sospetto all’occhio destro.
“Uagliò, jatavenne” taglia corto Bellagamba.
“Eh?”
“Tradotto in italiano?”
“Potete andare”.
“Ma non doveva interrogarci… Cioè, possiamo proprio andare via? Nel senso che…”
“Nel senso che vi alzate e ve ne andate. Siete liberi!”
Giorgio comincia ad apprezzare le delicate sfumature dell’accento partenopeo. In fondo i leghisti sbagliano ad avere pregiudizi verso una persona solo perché parla napoletano.
Arcani è disorientato. Non ci crede. “Ma possiamo andare però siamo sospettati di qualcosa, oppure…”
“Oppure niente. Jatavenne a Roma e salutateci al Papa!”
I due ex sospettati di omicidio, ex riscossori di crediti insoluti, ex futuri carcerati, si avviano verso l’uscita del commissariato.
“C’è stato uno sbaglio sicuramente”, cerca di darsi una spiegazione il detective non appena hanno varcato la soglia dell’edificio.
“André, ma vedi un po’ de annattene affanculo! Che te dispiace? Preferivi che c’arrestavano? Se proprio me tocca ar gabbioalmeno vojo esse’ colpevole! Finìdentro senza avè fatto un cazzo nun me va propio!”
“No, è che qualcosa non quadra!”
“Ma che quadra e tonda! Ce n'annamo e basta!” ribadisce Giorgio. Poi si blocca. “Eh no! Aspetta un po'. Ce devono ridà i telefonini, quelli. Se li so' scordati!” e torna indietro verso la caserma.
“Ma dove vai, stai fermo! Magari ci ripensano e ci arrestano di nuovo! Coi puffi non si scherza! Ma hai visto che facce c'erano là dentro?”
Giorgio non desiste, almeno fino al momento in cui Arcani lo afferra per la sciarpa della Lazio ancora al collo e lo tira via come un elefante al guinzaglio.
“E andiamo, cazzo! Accidenti a me e a quando mi sono fatto trascinare qui!”
“Ahio André, me fai male! Vabbé, vengo, nun c’è bisogno che me strangoli! Però erNokia, porca miseria...!”
“Te lo ricompro uguale quel catorcio! Pensa a me, il Samsung l'avevo pagato un botto! Ma non mi importa, glielo regalo. Voglio solo tornare a casa prima che cambiano idea”.

IX
Il piazzale davanti alla stazione di polizia è deserto, la scenetta non è stata vista da nessuno.
Eccezion fatta per quel particolare nessuno chiamato Francesco Bacone. Affacciato alla finestra, il commissario è stato spettatore segreto dell'eloquente teatrino romanesco. Manca solo l'applauso agli inconsapevoli attori, prontamente rimpiazzato da un toc toc alla porta.
L'agente Garrone Marika sembra una scolaretta pronta a rivolgere una domanda assai imbarazzante al preside dopo che il bidello Geremicca non le è stato di aiuto.
“Mi scusi se la disturbo commissario, mi serve una consulenza”.
“Prego”.
“Allora, ecco... Se per ipotesi – solo per ipotesi eh! – venisse sequestrato un oggetto a un fermato, e accadesse che questo oggetto fosse ... smarrito, oppure rotto...”
“Per caso ti riferisci a un cellulare?” la interrompe Bacone.
“Come l'ha saputo?”
“Ho i miei segreti” scherza il commissario muovendo fuggevolmente gli occhi in direzione della finestra. “Comunque, non ho idea di quali punizioni corporali vengano inflitte ai distruttori di reperti sequestrati. Ma tanto quei due non torneranno indietro per chiedere la restituzione dei cellulari”.
“Ne è sicuro?”
In risposta riceve un cenno rassicurante con la testa.
“Grazie commissario”.
La ragazza esce e un uomo entra. È Bellagamba, che gli domanda se è possibile scambiare due parole privatamente.
“Certamente Gennaro, siediti. Che c'è?”
“Commissà, io ve lo devo chiedere... “
“Che cosa?” s'incuriosisce Bacone.
“Ma voi, ce l'avete tutti con me?”
Bacone trasecola.
“È da stamattina che ve la intendete di nascosto e mi tenete all'oscuro dei segreti vostri, come nu fesso”.
“Gennà, spiegati meglio perché io...”
“Ho visto come guardavate a Geremicca quando siete arrivato. L'avete detto solo a lui che vi prendevate una giornata di ferie!”
“Ma che vai a pensare! Sapeva solo lui delle ferie perché l'ho deciso all'ultimo momento, ieri sera tardi, e di turno c'era Nino!”
“E quell'occhiata che vi siete scambiati?”
“Ma è stato lui a guardarmi in modo interrogativo, e io onestamente non ho capito neanche il perché! Stai tranquillo, non c'è nessun complotto ai tuoi danni.”
“E allora, se non ci sono segreti: mi posso permettere di chiederle come mai oggi dovreste essere in ferie?”
Bacone rimane un attimo fermo a stropicciarsi i baffi. “Gennà, lo sai che me lo sto chiedendo da quando sono entrato qua stamattina? Ma ancora non me lo ricordo.”
“Ah...”
“Sì, lo so che è strano ma è così: me lo sono dimenticato. Eppure ci doveva essere un motivo...”
“E allora, mi sa che c'è una persona sola che vi può rinfrescare la memoria.”
“Tu dici?”
“Per forza!”
Bacone alza la cornetta e compone il solito numero:
“Nino, tu te lo ricordi perché io, oggi, dovrei essere in ferie? Ah... ah... Opporcamiseria! Hai ragione! Vado subito!”
Gennaro vede il commissario prendere al volo il loden e il cappello dall'appendiabiti e scappare via come un centometrista. Ma perché tutto questo?...
La curiosità lo rode, roba che neppure Marika e Giusy messe assieme sarebbero così ansiose di scoprire cosa c'è dietro. Evidentemente la curiosità non è solo ffemmena. E a dire il vero ci sarebbe il modo per saziarla...
Ma l'agente scelto Bellagamba non si darà mai il permesso di chiedere a Geremicca la rivelazione di un sacro segreto commissariale. È una questione di stile. Anzi, qui sono in ballo addirittura divergenti concezioni teologiche.
E il terzo mistero di Bacone resterà tale.

venerdì 3 luglio 2015

Arcani Vs Bacone VII parte (racconto)


“Sì Gennaro. Il caso è chiuso.”

... dove pare che la storia siano finita, e invece...

Arcani Vs Bacone

VII
Bacone ha fuggevolmente dato un'occhiata ai due sospettati passando davanti alla stanza in cui sono stati alloggiati. Ha anche esaminato le prime evidenze raccolte, e si  è fatto una mezza idea.
“Io pure ho una mezza idea” azzarda Conci. “Se posso permettermi…”
“Parla” lo invita il commissario restando con gli occhi fissi sui fogli che gli ha passato Geremicca.
“Questo tizio viveva come un vagabondo ormai. Aveva perso il lavoro, la casa, e invece di tornare a Roma dove avrà avuto almeno qualche parente, ha preferito rimanere qui, come se fosse terrorizzato all’idea di rimettere piede nella capitale. Evidentemente aveva qualcosa di grosso da temere…”
“Oppure era demoralizzato e si era lasciato completamente andare”.
Ecco qua, ti pareva, pensa rassegnato Conci. Le ipotesi investigative non gli garbano proprio a Bacone, deve sempre scovare il risvolto psicologico esistenziale, questo bischero! Ma lo sa, lui, quanti risvolti psicologici esistenziali sono stati condannati a trent’anni di galera? “Comunque sia, arrivano due persone a cercarlo, e chi sono? Ultrà. Lei sa bene quello che ruota attorno al mondo del tifo organizzato…”
“Ma non hanno precedenti penali, e neppure DASPO o segnalazioni” gli fa notare il commissario dando nuovamente un'occhiata ai fogli che ha davanti.
“Qualunque pregiudicato prima di essere denunciato per la prima volta è un cittadino incensurato”.
“Quindi io e te siamo solo due futuri pregiudicati in attesa della nostra prima condanna”.
Oh la peppa!, quanto è snervante ragionare con stò testone! È tempo perso! urla mentalmente Conci. “La pensi un po’ come vuole, ma se intanto inizia a interrogarli magari possiamo capire…”
“Prima aspetto la telefonata del dottor Cusio.”
Basta, per l’ispettore Conci è il momento di arrendersi. “Vado a prendermi un caffè”.

8
“Allora, la cosa è semplice: je diciamo la verità. Cercavamo a questo qui pe’ conto de Paolo, che potrà confermare se interpellato telefonicamente…”
“Ne sei convinto? Ragiona un attimo: questi gli telefonano e gli dicono ‘Buongiorno, è il commissariato di Vercelli. Abbiamo appena arrestato i signori Arcani Andrea e Bruschini Giorgio perché riteniamo che possano aver ucciso una persona, e loro sostengono che cercavano questa persona su sua richiesta per una questione di soldi. È così?’… Beh, tu che faresti al posto suo? Paolo avrà paura! Gli risponderà: ‘Ma chi li conosce a questi qui!’”
“No, Paolo è un amico. Nun ce lascia nela merda, so’ sicuro”.
Andrea continua a essere agitato come una cagna in calore. “Dimmi una cosa Gio’, ma sbaglio o Paolo… ha qualche precedente?”
“Beh, sì. Siccome in fondo è uno bono, nunè cattivo, una volta pe’ aiutà un amico suo ha dichiarato er falso. Però poi l’hanno scoperti, e l’amico è finito ar gabbio, e lui s’è beccato una denuncia pe’ falsa testimonianza”.
La faccia di Arcani affonda nelle mani e poi crolla verso il basso. L’unica cosa positiva in tutta questa situazione è che se volesse prendere a testate il muro ha l’imbarazzo della scelta: ben quattro pareti a sua disposizione.

VIII
“…la ringrazio dottore. Quindi mi assicura che è così, senza bisogno di altre analisi? Va bene, aspetto comunque una comunicazione scritta. Intanto possiamo avvisare i parenti”. Bacone riaggancia il telefono e chiama Bellagamba.
“Commissà, ci sono delle novità?”
“Sì Gennaro. Il caso è chiuso.”
“Di già? Non li interroga i due sospettati?”
“No. Puoi lasciarli andare”.
L’agente lo guarda con aria incredula. “Ma non c’è il pericolo che possano…”
“Possano cosa?” chiede Bacone senza aspettarsi una risposta.
“Niente commissà”.
Conci, appena tornato dal bar, è il primo ad essere informato sulle decisioni del capo.
“Ho capito bene? Li manda via senza neppure interrogarli?” (tono di voce tra l'esasperato e l'incredulo).
La mimica facciale di Bellagamba è assai eloquente.
“Ma è roba da matti”, si lascia sfuggire l’ispettore.
Bacone, tranquillamente assiso nel suo ufficio, ascolta i mormorii nell’aria indovinandone i contenuti. Ma decide di non dare spiegazioni.
Qualcuno esageratamente pignolo potrebbe obiettare che si dovrebbe quanto meno aprire un fascicolo, qualcosa, capire il vero motivo per cui quei romani cercavano il tizio trovato cadavere. Ma perché creare a ogni costo un caso attorno a un poveraccio morto assiderato? Perché accanirsi su due ragazzi venuti da fuori che chiaramente – gli si legge in faccia – sono solo degli sprovveduti? Perché adombrare il sospetto di qualcosa di illecito e inventarsi un’indagine preliminare che, se tutto va bene, sarebbe  bocciata dal GIP poiché la morte per cause naturali non indotte inibisce in partenza l’eventuale ipotesi accusatoria? O, se tutto va male, darebbe origine a una causa penale, cinque anni di processo e due giovani sotto i riflettori, per poi concludersi al terzo grado di giudizio coi bizantinismi della Cassazione che sottolineano che la morte per assideramento inibisce l’ipotesi di reato e quindi aveva sbagliato in partenza il GIP che aveva autorizzato il procedimento penale e così via all'infinito?…
Certe cose è meglio lasciarle ai programmi televisivi che inseguono l'audience facendo sciacallaggio con la cronaca nera. La morte di un poveraccio rimasto disoccupato, senza tetto e nullatenente, è già abbastanza triste di suo per essere ridotta a un mero spunto mediatico.

mercoledì 1 luglio 2015

Arcani Vs Bacone - VI parte (racconto)



Oddio... non è proprio la Garrone

Avete fatto il ripasso della V puntata? Allora eccovi il seguito di questo 


Arcani Vs Bacone


VI
Quei due so' pappa e ciccia, pensa subito Gennaro quando il capo finalmente arriva e scambia un cenno d'intesa con Geremicca in portineria.
La gelosia continua a rodere l'agente scelto Bellagamba, ma il senso del dovere deve superare quello dell'onore ferito. Quindi, lasciando da parte l'orgoglio, ora è il momento di esporre un professionale resoconto dei fatti.
Però con un tono di voce volutamente freddo e distaccato.
“Dunque commissario, questa mattina Marika ha fermato...”
“Scusa, Gennà, ma preferisco che me lo racconti lei di persona” risponde educatamente Bacone. “In fondo è stata lei a chiamarmi”.
“Come vuole commissà” replica Bellagamba. Ma continua a rimuginare...
C'è qualcosa, c'è qualcosa che non va, che mi sfugge, pensa mentre va a cercare la guaglioncella. Gli bastano pochi passi, l’agente Garrone è già appostata all’ingresso della stanza.
Bacone saprà sicuramente cosa prevede il regolamento in caso di distruzione di cellulare di proprietà del soggetto fermato, riflette la puffetta, anche se prima di chiedere a lui preferisce aspettare notizie da Geremicca.
“Neanche un giorno libero mi posso prendere”, riflette ad alta voce con Marika il commissario. “Non succede mai niente qui, però basta che manco io e ci scappa addirittura un morto”.
“Mi spiace se l’ho disturbata. Che impegno aveva per oggi?” si interessa la poliziotta (Bellagamba commenterebbe che 'e ffemmene mettono sempre la curiosità davanti a tutto).
Bacone resta in silenzio. Bella domanda: perché ha chiesto un giorno libero? Cosa aveva di tanto urgente da fare al punto da richiedere un'intera giornata di ferie?... Non se lo ricorda più. E poi, per quale motivo Geremicca gli ha lanciato quell'occhiata complice all'arrivo?
“Non perdiamo tempo e passiamo ai fatti” replica opportunamente il commissario. “Spiegami ogni cosa dall’inizio”.
“Stamattina sono andata a fare colazione al bar di Guido…”
“Ho detto ‘dall’inizio’ Marika, ma non c’è bisogno di andare così indietro”.
“Commissario, se glielo dico è perché c’entra col racconto. Sono andata a fare colazione da Guido, e lui ha accennato a due romani che erano passati un’ora prima chiedendo della Vercelli Heavy Metal’. Io gli ho risposto: ‘E allora?’ E lui: ‘Avevano un’aria strana, soprattutto quello grande e grosso…’ Insomma, mi ha fatto venire dei sospetti. Visto che stavo facendo la ronda ho pensato di passare per la zona industriale…”
“Scusa, ma stavi da sola?”
“Quando ho iniziato la ronda c’era Giusy con me, però ha ricevuto all’improvviso una chiamata urgente dalla parrucchiera. Gli aveva dato appuntamento per la permanente alle sette di sera, ma poi era gli era subentrato un impegno imprevisto e se Giusy non si fosse presentata subito in quel preciso momento avrebbe dovuto attendere almeno una settimana prima che gli fissasse un nuovo appuntamento… “
“Anche questo è rilevante per l'indagine?”
“Veramente no, ma... Non rida commissario” s'indispettisce la ragazza, “lei non capisce cosa vuol dire andare in giro con i capelli fuori posto!”
“Non sto ridendo, Marika” fa notare Bacone, e d'altronde basta guardarlo in faccia per cogliere la profonda verità di tale asserzione. “Continua, per favore”.
“Ho scoperto che erano passati da lì e cercavano un tizio, sempre di Roma, che a loro dire era scomparso senza dare più notizie di sé. Uno dei due aveva mostrato una tessera da detective, ma mi hanno detto che si vedeva sin troppo bene che erano due balordi. L’operaio con cui hanno parlato mi ha confermato che avevano un’aria sospetta, e che proprio per questo motivo gli ha fornito un indirizzo sbagliato, o meglio: un vecchio recapito, visto che il romano ormai dormiva in una macchina sulla tangenziale perché era stato sfrattato. A quel punto, siccome mi trovavo a due passi, ho deciso di andare a fare visita a questo poveretto per capire se davvero fosse scomparso da casa volontariamente”.
“E quindi?”
“Mentre mi avvicinavo con la volante ho visto due che scappavano a piedi dalla macchina abbandonata. Coincidevano con la descrizione che mi avevano fornito alla Vercelli Heavy Metal. Li ho superati e gli ho intimato di fermarsi. Quando gli ho chiesto cosa stavano facendo hanno iniziato a parlare tutti e due insieme e non si capiva niente. Allora gli ho ordinato di mettersi in ginocchio a terra con le mani sulla nuca”.
“Un arresto alla CSI insomma! Hanno fatto storie?”
“No, ma quali storie! Pensi che non ho estratto neanche la pistola, hanno obbedito senza fiatare”.
Bacone si lascia sfuggire una smorfia.
Marika prosegue: “A quel punto mi sono avvicinata all’automobile da cui stavano fuggendo, una Seat Ibiza bianca, e dentro c’era effettivamente una persona. Morta”.
“Tracce di sangue, di lotta?”
“No, niente, tranne il lunotto posteriore rotto. Comunque ho chiamato subito la centrale che ha mandato una pattuglia e ha avvisato il dottor Cusio. Dovrebbe essere ancora là. Io nel frattempo ho fatto salire i due sulla volante e li ho portati qui”.
Bacone si gratta la testa e dopo un attimo di silenzio chiede:
“Hanno detto qualcosa in auto?”
“Senza che io gli chiedessi nulla, uno dei due ha ripetuto almeno duecento volte che lui è un detective, che loro non c’entrano niente, che stavano solo cercando una persona scomparsa… Poi ha iniziato un discorso confuso…”

7
(FLASHBACK – Piccolo assaggio dello sproloquio di Arcani in preda a logorrea isterica mentre siede sul sedile posteriore della volante guidata dall’agente Garrone Marika).
“… lo stavo facendo per il mio cliente, che è preoccupato perché quest’uomo era scomparso. Cioè, se voi chiamate i suoi parenti vi diranno che non gliene frega un cazzo di lui, però… fingono. Anzi, se voi gli dite il nome mio, risponderanno che non mi conoscono e che non hanno mai incaricato nessun detective di cercarlo.”
(D'un tratto Andrea Arcani si ferma vedendo sfrecciare un'auto che li sorpassa, e chiede a Giorgio “Ma era un Suzuki giallo come il mio?” Poi riprende a parlare alla poliziotta).
“… Però fanno finta, capisce? Nel senso che in realtà… Vabbé, diciamoci la verità: ci sono in mezzo dei soldi. Ma non pensi a male! Non intendo dire ‘soldi’ nel senso che è solo una questione di soldi! C’è una persona alla quale lui doveva dei soldi, ma io e Giorgio non c’entriamo niente coi soldi! Glielo giuro! Cioè, un pochino c’entriamo, ma quasi niente!...”