venerdì 3 luglio 2015

Arcani Vs Bacone VII parte (racconto)


“Sì Gennaro. Il caso è chiuso.”

... dove pare che la storia siano finita, e invece...

Arcani Vs Bacone

VII
Bacone ha fuggevolmente dato un'occhiata ai due sospettati passando davanti alla stanza in cui sono stati alloggiati. Ha anche esaminato le prime evidenze raccolte, e si  è fatto una mezza idea.
“Io pure ho una mezza idea” azzarda Conci. “Se posso permettermi…”
“Parla” lo invita il commissario restando con gli occhi fissi sui fogli che gli ha passato Geremicca.
“Questo tizio viveva come un vagabondo ormai. Aveva perso il lavoro, la casa, e invece di tornare a Roma dove avrà avuto almeno qualche parente, ha preferito rimanere qui, come se fosse terrorizzato all’idea di rimettere piede nella capitale. Evidentemente aveva qualcosa di grosso da temere…”
“Oppure era demoralizzato e si era lasciato completamente andare”.
Ecco qua, ti pareva, pensa rassegnato Conci. Le ipotesi investigative non gli garbano proprio a Bacone, deve sempre scovare il risvolto psicologico esistenziale, questo bischero! Ma lo sa, lui, quanti risvolti psicologici esistenziali sono stati condannati a trent’anni di galera? “Comunque sia, arrivano due persone a cercarlo, e chi sono? Ultrà. Lei sa bene quello che ruota attorno al mondo del tifo organizzato…”
“Ma non hanno precedenti penali, e neppure DASPO o segnalazioni” gli fa notare il commissario dando nuovamente un'occhiata ai fogli che ha davanti.
“Qualunque pregiudicato prima di essere denunciato per la prima volta è un cittadino incensurato”.
“Quindi io e te siamo solo due futuri pregiudicati in attesa della nostra prima condanna”.
Oh la peppa!, quanto è snervante ragionare con stò testone! È tempo perso! urla mentalmente Conci. “La pensi un po’ come vuole, ma se intanto inizia a interrogarli magari possiamo capire…”
“Prima aspetto la telefonata del dottor Cusio.”
Basta, per l’ispettore Conci è il momento di arrendersi. “Vado a prendermi un caffè”.

8
“Allora, la cosa è semplice: je diciamo la verità. Cercavamo a questo qui pe’ conto de Paolo, che potrà confermare se interpellato telefonicamente…”
“Ne sei convinto? Ragiona un attimo: questi gli telefonano e gli dicono ‘Buongiorno, è il commissariato di Vercelli. Abbiamo appena arrestato i signori Arcani Andrea e Bruschini Giorgio perché riteniamo che possano aver ucciso una persona, e loro sostengono che cercavano questa persona su sua richiesta per una questione di soldi. È così?’… Beh, tu che faresti al posto suo? Paolo avrà paura! Gli risponderà: ‘Ma chi li conosce a questi qui!’”
“No, Paolo è un amico. Nun ce lascia nela merda, so’ sicuro”.
Andrea continua a essere agitato come una cagna in calore. “Dimmi una cosa Gio’, ma sbaglio o Paolo… ha qualche precedente?”
“Beh, sì. Siccome in fondo è uno bono, nunè cattivo, una volta pe’ aiutà un amico suo ha dichiarato er falso. Però poi l’hanno scoperti, e l’amico è finito ar gabbio, e lui s’è beccato una denuncia pe’ falsa testimonianza”.
La faccia di Arcani affonda nelle mani e poi crolla verso il basso. L’unica cosa positiva in tutta questa situazione è che se volesse prendere a testate il muro ha l’imbarazzo della scelta: ben quattro pareti a sua disposizione.

VIII
“…la ringrazio dottore. Quindi mi assicura che è così, senza bisogno di altre analisi? Va bene, aspetto comunque una comunicazione scritta. Intanto possiamo avvisare i parenti”. Bacone riaggancia il telefono e chiama Bellagamba.
“Commissà, ci sono delle novità?”
“Sì Gennaro. Il caso è chiuso.”
“Di già? Non li interroga i due sospettati?”
“No. Puoi lasciarli andare”.
L’agente lo guarda con aria incredula. “Ma non c’è il pericolo che possano…”
“Possano cosa?” chiede Bacone senza aspettarsi una risposta.
“Niente commissà”.
Conci, appena tornato dal bar, è il primo ad essere informato sulle decisioni del capo.
“Ho capito bene? Li manda via senza neppure interrogarli?” (tono di voce tra l'esasperato e l'incredulo).
La mimica facciale di Bellagamba è assai eloquente.
“Ma è roba da matti”, si lascia sfuggire l’ispettore.
Bacone, tranquillamente assiso nel suo ufficio, ascolta i mormorii nell’aria indovinandone i contenuti. Ma decide di non dare spiegazioni.
Qualcuno esageratamente pignolo potrebbe obiettare che si dovrebbe quanto meno aprire un fascicolo, qualcosa, capire il vero motivo per cui quei romani cercavano il tizio trovato cadavere. Ma perché creare a ogni costo un caso attorno a un poveraccio morto assiderato? Perché accanirsi su due ragazzi venuti da fuori che chiaramente – gli si legge in faccia – sono solo degli sprovveduti? Perché adombrare il sospetto di qualcosa di illecito e inventarsi un’indagine preliminare che, se tutto va bene, sarebbe  bocciata dal GIP poiché la morte per cause naturali non indotte inibisce in partenza l’eventuale ipotesi accusatoria? O, se tutto va male, darebbe origine a una causa penale, cinque anni di processo e due giovani sotto i riflettori, per poi concludersi al terzo grado di giudizio coi bizantinismi della Cassazione che sottolineano che la morte per assideramento inibisce l’ipotesi di reato e quindi aveva sbagliato in partenza il GIP che aveva autorizzato il procedimento penale e così via all'infinito?…
Certe cose è meglio lasciarle ai programmi televisivi che inseguono l'audience facendo sciacallaggio con la cronaca nera. La morte di un poveraccio rimasto disoccupato, senza tetto e nullatenente, è già abbastanza triste di suo per essere ridotta a un mero spunto mediatico.

mercoledì 1 luglio 2015

Arcani Vs Bacone - VI parte (racconto)



Oddio... non è proprio la Garrone

Avete fatto il ripasso della V puntata? Allora eccovi il seguito di questo 


Arcani Vs Bacone


VI
Quei due so' pappa e ciccia, pensa subito Gennaro quando il capo finalmente arriva e scambia un cenno d'intesa con Geremicca in portineria.
La gelosia continua a rodere l'agente scelto Bellagamba, ma il senso del dovere deve superare quello dell'onore ferito. Quindi, lasciando da parte l'orgoglio, ora è il momento di esporre un professionale resoconto dei fatti.
Però con un tono di voce volutamente freddo e distaccato.
“Dunque commissario, questa mattina Marika ha fermato...”
“Scusa, Gennà, ma preferisco che me lo racconti lei di persona” risponde educatamente Bacone. “In fondo è stata lei a chiamarmi”.
“Come vuole commissà” replica Bellagamba. Ma continua a rimuginare...
C'è qualcosa, c'è qualcosa che non va, che mi sfugge, pensa mentre va a cercare la guaglioncella. Gli bastano pochi passi, l’agente Garrone è già appostata all’ingresso della stanza.
Bacone saprà sicuramente cosa prevede il regolamento in caso di distruzione di cellulare di proprietà del soggetto fermato, riflette la puffetta, anche se prima di chiedere a lui preferisce aspettare notizie da Geremicca.
“Neanche un giorno libero mi posso prendere”, riflette ad alta voce con Marika il commissario. “Non succede mai niente qui, però basta che manco io e ci scappa addirittura un morto”.
“Mi spiace se l’ho disturbata. Che impegno aveva per oggi?” si interessa la poliziotta (Bellagamba commenterebbe che 'e ffemmene mettono sempre la curiosità davanti a tutto).
Bacone resta in silenzio. Bella domanda: perché ha chiesto un giorno libero? Cosa aveva di tanto urgente da fare al punto da richiedere un'intera giornata di ferie?... Non se lo ricorda più. E poi, per quale motivo Geremicca gli ha lanciato quell'occhiata complice all'arrivo?
“Non perdiamo tempo e passiamo ai fatti” replica opportunamente il commissario. “Spiegami ogni cosa dall’inizio”.
“Stamattina sono andata a fare colazione al bar di Guido…”
“Ho detto ‘dall’inizio’ Marika, ma non c’è bisogno di andare così indietro”.
“Commissario, se glielo dico è perché c’entra col racconto. Sono andata a fare colazione da Guido, e lui ha accennato a due romani che erano passati un’ora prima chiedendo della Vercelli Heavy Metal’. Io gli ho risposto: ‘E allora?’ E lui: ‘Avevano un’aria strana, soprattutto quello grande e grosso…’ Insomma, mi ha fatto venire dei sospetti. Visto che stavo facendo la ronda ho pensato di passare per la zona industriale…”
“Scusa, ma stavi da sola?”
“Quando ho iniziato la ronda c’era Giusy con me, però ha ricevuto all’improvviso una chiamata urgente dalla parrucchiera. Gli aveva dato appuntamento per la permanente alle sette di sera, ma poi era gli era subentrato un impegno imprevisto e se Giusy non si fosse presentata subito in quel preciso momento avrebbe dovuto attendere almeno una settimana prima che gli fissasse un nuovo appuntamento… “
“Anche questo è rilevante per l'indagine?”
“Veramente no, ma... Non rida commissario” s'indispettisce la ragazza, “lei non capisce cosa vuol dire andare in giro con i capelli fuori posto!”
“Non sto ridendo, Marika” fa notare Bacone, e d'altronde basta guardarlo in faccia per cogliere la profonda verità di tale asserzione. “Continua, per favore”.
“Ho scoperto che erano passati da lì e cercavano un tizio, sempre di Roma, che a loro dire era scomparso senza dare più notizie di sé. Uno dei due aveva mostrato una tessera da detective, ma mi hanno detto che si vedeva sin troppo bene che erano due balordi. L’operaio con cui hanno parlato mi ha confermato che avevano un’aria sospetta, e che proprio per questo motivo gli ha fornito un indirizzo sbagliato, o meglio: un vecchio recapito, visto che il romano ormai dormiva in una macchina sulla tangenziale perché era stato sfrattato. A quel punto, siccome mi trovavo a due passi, ho deciso di andare a fare visita a questo poveretto per capire se davvero fosse scomparso da casa volontariamente”.
“E quindi?”
“Mentre mi avvicinavo con la volante ho visto due che scappavano a piedi dalla macchina abbandonata. Coincidevano con la descrizione che mi avevano fornito alla Vercelli Heavy Metal. Li ho superati e gli ho intimato di fermarsi. Quando gli ho chiesto cosa stavano facendo hanno iniziato a parlare tutti e due insieme e non si capiva niente. Allora gli ho ordinato di mettersi in ginocchio a terra con le mani sulla nuca”.
“Un arresto alla CSI insomma! Hanno fatto storie?”
“No, ma quali storie! Pensi che non ho estratto neanche la pistola, hanno obbedito senza fiatare”.
Bacone si lascia sfuggire una smorfia.
Marika prosegue: “A quel punto mi sono avvicinata all’automobile da cui stavano fuggendo, una Seat Ibiza bianca, e dentro c’era effettivamente una persona. Morta”.
“Tracce di sangue, di lotta?”
“No, niente, tranne il lunotto posteriore rotto. Comunque ho chiamato subito la centrale che ha mandato una pattuglia e ha avvisato il dottor Cusio. Dovrebbe essere ancora là. Io nel frattempo ho fatto salire i due sulla volante e li ho portati qui”.
Bacone si gratta la testa e dopo un attimo di silenzio chiede:
“Hanno detto qualcosa in auto?”
“Senza che io gli chiedessi nulla, uno dei due ha ripetuto almeno duecento volte che lui è un detective, che loro non c’entrano niente, che stavano solo cercando una persona scomparsa… Poi ha iniziato un discorso confuso…”

7
(FLASHBACK – Piccolo assaggio dello sproloquio di Arcani in preda a logorrea isterica mentre siede sul sedile posteriore della volante guidata dall’agente Garrone Marika).
“… lo stavo facendo per il mio cliente, che è preoccupato perché quest’uomo era scomparso. Cioè, se voi chiamate i suoi parenti vi diranno che non gliene frega un cazzo di lui, però… fingono. Anzi, se voi gli dite il nome mio, risponderanno che non mi conoscono e che non hanno mai incaricato nessun detective di cercarlo.”
(D'un tratto Andrea Arcani si ferma vedendo sfrecciare un'auto che li sorpassa, e chiede a Giorgio “Ma era un Suzuki giallo come il mio?” Poi riprende a parlare alla poliziotta).
“… Però fanno finta, capisce? Nel senso che in realtà… Vabbé, diciamoci la verità: ci sono in mezzo dei soldi. Ma non pensi a male! Non intendo dire ‘soldi’ nel senso che è solo una questione di soldi! C’è una persona alla quale lui doveva dei soldi, ma io e Giorgio non c’entriamo niente coi soldi! Glielo giuro! Cioè, un pochino c’entriamo, ma quasi niente!...”


lunedì 29 giugno 2015

Arcani Vs Bacone - V parte (racconto)


La carrozzeria è piena di bozzi, la vernice più vicina al marrone.

Vi ricordo solo la IV parte del qui presente racconto a puntate, il quale volge al termine... ma non troppo.
Buona lettura!

Arcani Vs Bacone

IV
“Allora, ti sei informato?” domanda la Garrone sforzandosi di non sembrare agitata.
“Ancora no, stavo parlando con Gennaro” spiega Geremicca senza scomporsi.
“Non penso che sia una cosa mai successa prima, no?” insiste Marika. “Il regolamento prevederà pure l’ipotesi che un oggetto sequestrato venga accidentalmente distrutto. Chi lo deve rimborsare al soggetto fermato? L’agente che ha causato il danno o la Prefettura?”
“Faccio un paio di telefonate e mi documento”, chiosa Nino continuando a elaborare considerazioni varie sulla mente delle donne.

5
Ritorniamo a stamattina presto.
Andrea e Giorgio sono giunti all’indirizzo. Il palazzone che gli hanno indicato si trova vicino al Viale dell’Aeronautica. È abbastanza squallido, ma non reggerebbe mai il confronto coi casermoni di Tor di Quinto.
Er nome nun c’è”.
“Proviamo a chiedere a qualcuno”.
La signora che apre la porta al primo piano è piuttosto loquace. Appena sente dire “detective privato” e “persona scomparsa” va in estasi, gli sembra di essere piombata in una fiction televisiva. Sai la faccia delle amiche quando glielo racconterà!
“Quindi l’hanno sfrattato?”
“Eh sì. Si sono anche lamentati perché gli ultimi due mesi non li aveva pagati. Ma sa, coi tempi che corrono, già solo il fatto che se ne è andato via invece di barricarsi dentro casa come tutti gli inquilini morosi… Insomma, gli è andata bene. Hanno già trovato un nuovo affittuario”.
“Per caso sa dove vive adesso?”
“Mi hanno detto che lo hanno visto dormire in una macchina abbandonata, lungo la tangenziale ovest, ma io non ci passo mai perché è un posto brutto lì, pieno di extracomunitari…”
Ai due non sembra che il luogo dove si trovano adesso abbia caratteristiche migliori: auto con vent'anni di ruggine sul groppo, vetri alle finestre improvvisati, imposte da optional, erbacce che hanno preso il sopravvento sullo spartitraffico... Ma la vecchia si sta dimostrando un’utile fonte di informazioni, perciò meglio evitare commenti antipatici e chiedere con un sorriso rassicurante:
“Mi spiega dove possiamo trovare questa macchina?”
Ecco, Andrea e Giorgio stanno per mettersi nei guai…

V
Il commissario deve essere davvero impegnato con quella cosa lì. Non ha fatto neppure una telefonata per informarsi se tutto va bene, pensa Geremicca.
Anche Marika Garrone, la puffetta che ha perquisito Giorgio, ha la testa occupata. In particolare, pensa che non ha alcuna voglia di rimborsare di tasca propria un cellulare che costa almeno 500 euro.
Gennaro Bellagamba sta pensando a sua volta, o piuttosto sospettando.
Mi gioco o' stipendio che Geremicca ha già cercato Bacone al telefono, si sono parlati e si sono scambiati informazioni riservate.
Questa cosa che il commissario parla soltanto con Geremicca non gli è mai andata giù. In fondo Nino è solo il piantone.
Ma poi, a me che me ne fotte... conclude fatalisticamente Bellagamba. Avimm'a risolvere la questione dei due romani. E mi sa che tocca proprio a Conci, 'sta cosa.
“E andiamo va, e che Dio ce la mandi buona!” pronuncia ad alta voce. “Anzi, che la mandi buona a quei due disgraziati!”
“Come?” domanda la Garrone.
“Dicevo che se Bacone non è ancora arrivato, dobbiamo per forza chiedere a Conci di procedere con l'interrogatorio.”
“A Conci?”
“E a chi sennò?”
Marika, brava ragazza col tipico istinto di protezione materno verso chiunque sia in pericolo, decide che i due arrestati potranno pure essere dei delinquenti, forse, ma non meritano un trattamento così duro come quello che si sta prospettando. Prende il cellulare e manda un sms a Bacone per fargli presente che è stato rinvenuto un cadavere. Non gli sta chiedendo di venire di corsa, questo no, però se lui viene a conoscenza di una notizia del genere potrebbe finalmente presentarsi in caserma.
“Ma che...!”
“Garrone, che c'è?”
“Niente, mi stava per cadere di mano il telefonino. Oggi non è giornata”.
Nella stanza accanto l’ispettore Conci, dopo aver appreso i dettagli del fermo, sta elaborando un’ipotesi sulla dinamica degli eventi. E gli pare tutto piuttosto semplice.
Ricapitoliamo, sintetizza a suo personale uso e consumo. La vittima è un uomo nativo di Roma che risiedeva a Vercelli da alcuni mesi. È verosimile che fosse venuto via dalla capitale poiché aveva qualche conto in sospeso di natura ambigua.
Anche i due tipi fermati dall’agente Marika Garrone sono romani o giù di lì. Alcuni gadgets li identificano inequivocabilmente come supporters della S.S. Lazio, tifoseria ben nota alle forze dell’ordine per la massiccia presenza di simpatizzanti dell'estrema destra al proprio interno.
Ci vuole davvero poco a fare due più due: Una spedizione punitiva.
Restano da definire solo i dettagli. L’intenzionalità ad esempio: forse non c’era la volontà di uccidere ma solo di spaventare, e il decesso è stato causato in modo imprevisto. E poi il movente: una questione di soldi? Una faida tra ultrà? Una vendetta privata?
Ma tanto non si viene a capo di nulla, pensa Conci. Adesso viene Bacone, li interroga con domande sul Colosseo e su San Pietro, e li guarda fissi negli occhi per cogliere l’impressione che gli trasmettono. E non si concluderà una beata fava sull’omicidio, conclude sospirando l’ispettore. Questo commissariato è lo specchio dell’Italia: gli incapaci comandano, e chi capisce non conta una sega.

6
Causa l'apparente inesistenza di un mezzo pubblico per raggiungere la strada vicino alla tangenziale ovest, alla fine Andrea e Giorgio sono andati a piedi. In fondo, dal punto in cui si trovavano, si trattava di appena due chilometri. Quasi a zero gradi però.
“Ma quanto cazzo fa freddo qui?” ripete Arcani per la settima volta nel corso della mattinata.
Nunsei mai stato in trasferta a Bergamo. Quanto è gelato quelo stadio a febbraio! Nunte lo puoi immagginà”.
“Là c’è una macchina. Fosse quella che diceva la signora…”
Siamo al punto. Il gioco si fa serio. I due si guardano negli occhi e si avvicinano silenziosi al possibile obiettivo. La carrozzeria della Seat Ibiza è piena di bozzi, la vernice, in origine bianca, è più vicina al marrone ormai. Dietro ai vetri oscurati da varie ere geologiche di zozzeria si intravede un corpo avvolto in una coperta, rannicchiato sul sedile posteriore…
Mo’ tocca a me” si esalta Giorgio. “Sta lontano, sfonno er parabrezza”.
“Perché non proviamo a aprire la portiera? È una macchina abbandonata, non penso che sia chiusa a chiave”.
“Eh no, me togli tutto l’effetto paura! Cioè, pensace bene: tu stai a dormì in macchina, senti all’improvviso un botto, te svegli spaventato in mezzo a tutti vetri rotti e vedi la faccia mia incazzata! Roba che se te dico: ‘Damme er portafogli!’ me lo dai e me ringrazi pure perché nunt’ho menato. Invece, come proponi tepoi succederebbe che io apro la porta e quello se sveja, me vede e dice: ‘Ahò, che cazzo vuoi?’ E io a quel punto je rispondo ‘Scusi, non volevo disturbà’ e invece che un castigatore sembro un prete. E poi nei firm coi tipi tosti succede sempre così. Chiaro no?”
… Inutile discutere, Giorgio bisogna prenderlo così come è. “Fa come preferisci”.
“Er bisonte” si copre il volto avvolgendolo nella sciarpa, occhi compresi. Prende la rincorsa e tira un calcio al lunotto posteriore della vettura. Il vetro si incrina, quasi si liquefa come una sfoglia di gelatina e fa una gobba al centro, penzolando verso l’interno dell’abitacolo. Però non va in pezzi.
“Ma li mortacci tua!”
L’uomo dentro l’automobile, nonostante il botto, non si è svegliato.
“Mi sa che l’effetto paura ha funzionato poco”.
“Vabbé, aprimo ‘sta benedetta portiera!” si arrende Giorgio. Lo sportello si spalanca, quasi si stacca dalla carrozzeria. “Sveja!”, urla afferrando il dormiente per i piedi. Nessuna reazione. “È inutile che fai finta de dormì, mo’ so’ cazzi tua!”
Andrea viene colto da un orribile sospetto. “Fermo! Fammi vedere una cosa…”