sabato 16 marzo 2019

Friday for future. Solo il venerdì?

Un venerdì per il futuro! E gli altri giorni?
Mi rendo conto che è finito il tempo dei pistolotti, quelli in cui Berta filava, in cui si puntava il dito verso qualcosa di bello, di grande, maestoso.
In cui si aveva in mente una meta alta.
Oggi se provi a dire: proviamo a desiderare di vivere in armonia? ti rispondo: ma guarda che dito indice sporco che hai! oppure: non ti vergogni ad indicare qualcosa che non sei tu e l'"essere divino che è in te"?
Faccio queste riflessioni dopo aver visto e sentito di tutto e di più sulla marcia dei giovani a favore del clima: il Friday for future.
Il mondo come al solito si è diviso, equamente e in modo preconfezionato, tra chi ha appoggiato (normalmente personaggi "di sinistra") in toto l'iniziativa, spendendo parole di elogio su questi giovani virgulti che soli possono salvare questa società morente; e chi invece ha storto il naso, sentendo puzza di complotto e di manovre sotterranee contro l'establishement (normalmente personaggi "di destra").
Comincia a darmi fastidio questo modo di vedere le cose.
Non per la divisione tra pari e dispari, bianco e nero, luce e buio; ma tra chi sta da una parte o dall'altra solo perché quelli "della sua parte" la pensano così.
Come quel vecchio gioco che si faceva una volta: mangi la mortadella? sei di sinistra; il prosciutto? di destra. Mutande? di sinistra; boxer? di destra.
Sì, io preferisco la mortadella e indosso le mutande, e mi considero "di sinistra", ma non vuol dire che lo faccio perché "quelli di sisnistra fanno così".
Una volta parlando con un amico, gli dissi: a me piaccioni gli anziani che all'osteria giocano a carte davanti ad un bicchiere di rosso e con in bocca un buon sigaro (ancora era permesso fumare nei luoghi pubblici); mi danno un senso di bontà, sicurezza... 
E l'amico mi stroncò dicendomi: ma tu hai provato ad ascoltare tutte le cattiverie, le bestemmie e i pettegolezzi che si dicono tra loro?
Idealizzavo qualcosa che, in fondo, non conoscevo.
Bene, per tornare all'argomento devo dire che non credo in queste manifestazioni.
Sì, è tutto bellissimo, i giovani ti danno speranza, sanno essere creativi anche nell'espressione, hanno tutta la forza dei loro anni verdi. Ma che esperienza hanno di vita reale? E lo dico a partire dal ricordo che ho io dei miei 15 anni. Cosa ne sanno di come funziona realmente un ciclo produttivo? Di quali sono le cause dell'inquinamento? Sanno che per produrre lo smartphone che hanno in tasca si consumano 13 tonnellate di acqua; e per la barretta al cioccolato che sgranocchiano a colazione di tonnellate d'acqua ce ne vogliono 1,5 e 2,5 metri quadrati di suolo? Dovrebbero leggere gli studi sull'impronta idrica che, probabilmente, nessuno gli ha mai detto cosa sia. Come nessuno l'ha detto a me.
I giovani forse salveranno davvero l'ambiente, anche per una questione anagrafica: io ho quasi 60 anni e penso di averne davanti ancora una 15ina di buono; e in questo poco tempo posso fare davvero poco.
Un ragazzino di 15 anni, invece, ne avrà da vivere almeno un'altra 70ina, perciò...
Come in tutte le cose, la sfida che viene lanciata dovrebbe iniziare veramente quando il corteo si scioglie, quando il congresso viene dichiarato chiuso, quando ti alzi la mattina seguente dopo una notte ristoratrice per tutta l'energia spesa il giorno prima a cantare e urlare slogan dietro uno striscione dai toni fantasiosi e accattivanti.
Il mio non è un pistolotto, ma solo una constatazione; che parte dal mio luddismo intellettuale che mi porta ad andare a sbattere violentemente sempre contro la realtà.
Perché se voli alto, come vogliono "quelli che contano", la realtà non l'affronti, la scavalchi.
Ma la realtà ha il brutto vizio di chiedere sempre che il conto venga saldato.

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