Leggo che in Calabria potrebbero arrivare fino a 497 medici da Cuba.
Questo perché non ci sono medici per la grave carenza degli stessi negli ospedali.
Il governatore fa sapere che sono stati fatti "numerosi bandi che sono «andati deserti» poiché il sistema sanitario della ragione «è poco attrattivo». Praticamente: nessuno medico vuole andare a lavorare in Calabria.
Due riflessioni.
Una sul fatto che tutti schifano la Calabria, tranne quando devono andarci in vacanza. È vero (e lo dico da calabrese) che spesso vivere in Calabria è difficile, che non tutti i servizi sono a portata di mano ed efficienti, ma qui siamo al cane che si morde la coda: non ci sono medici perché... nessuno vuol fare il medico in Calabria. Quindi non se ne esce. Mi chiedo solo che fine fanno, o hanno fatto, i giovani calabresi laureati in medicina.
Seconda riflessione: mancano i medici (almeno in Calabria, ma la recente pandemia ha visto arrivare medici e infermieri dall'estero in tutte le regioni d'Italia), ma l'accesso alla facoltà di Medicina è a numero chiuso. Forse qualcuno, che può e deve, ha bisogno di farsi qualche domanda.
Gherardo Colombo, ex magistrato, sulle pagine del giornale Domani, dice che bisogna legalizzare la cannabis per alleggerire le carceri.
La questione della legalizzazione delle droghe leggere è complessa e non l'affronterò certo qui.
Colombo parte dal presupposto, giusto, che al centro della nostra Costituzione c'è la libertà dell'individuo; io penso tuttavia che la collettività (leggi: lo Stato) debba comunque proteggere il singolo da ciò che può arrecargli danno. Ma qui scattano le antediluviane discussioni prima filosofiche e poi politiche anzitutto su cosa debba essere al centro della vita sociale: l'individuo o la collettività?; e, in seconda battuta, sulla nocività o meno delle cosiddette 'droghe leggere'. Di sicuro io non ho le competenze per dare una risposta. Ma pongo la domanda a chiunque voglia esporre la propria idea.
Mi soffermo inoltre solo sul fatto che la motivazione della legalizzazione sarebbe quella di alleggerire le carceri. Allora perché non depenalizzare anche altri reati? Ma, soprattutto: a cosa porterebbe la depenalizzazione di altri reati? Resterebbero sempre reati? La collettività conserverebbe ancora la percezione che quelle azioni sono proibite, che destabilizzano la convienza civile?
Non sarebbe allora meglio riformare il sistema carcerario dal momento in cui la persona ci entra e fino al suo reinserimento nella società?
So' di aver scoperto l'acqua calda, ma anche di queste cose bisognerebbe discutere a partire da giornali e social, non solo del divorzio tra Ilary e Francesco. Perché ognuno di noi vive quotidianamente sui social dove certi temi, se non ti toccano direttamente, nessuno te li mette sotto il naso.
Perché, come diceva Primo Levi: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.”
Ma questo è un altro, dolente, discorso.
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