sabato 11 marzo 2023

La ricevuta

Mustang verde oliva del 1970 (ma non è quella di Jimmy...)
(Breve raccontino da duemila parole)

Percorse tutta Santa Monica Boulevard, dall’incrocio con Overland Ave fin quasi a Ocean Ave.
Con calma, dandosi il tempo di adocchiare i palazzi e le case a destra e a sinistra, come un turista svogliato. L’appuntamento era alle dieci e mezza e adesso l’orologio sul cruscotto diceva: 22:10.
La vecchia Buick del 1970 lo scarrozzava ancora bene, nonostante l’età e tutti i suoi rumorini.
Guidava quell’auto non perché servisse alla sua immagine di investigatore privato, ma perché con la cifra che il suo conto corrente gli aveva messo a disposizione era riuscito ad acquistare solo un modello così vecchio.
Però pian piano aveva imparato ad apprezzarla, compreso quel suo colore oliva slavato che all’inizio gli stava proprio sul gozzo. Anzi si poteva dire che quell’auto era diventata quasi un suo prolungamento, un pezzo imprescindibile della sua giornata. Insomma, di giorno viveva in simbiosi con quell’auto.
Cambiò stazione alla radio. Non gli interessavano quelle diavolerie moderne di CD o chiavette USB o, peggio ancora, i “sistemi integrati” che non sapeva manco bene cosa volesse dire.
Era un tipo semplice, lui.
Jeremy Pearl, che tutti chiamavano Jimmy, 46 anni portati così così, di media statura, capelli castani tagliati corti, niente barba ma la mosca sotto il labbro, e un abbonamento annuale alla palestra che non utilizzava ormai da sei mesi; e si vedeva.
Professione, dicevamo: investigatore privato.
Ogni volta che lo diceva, immaginava l’effetto che forse stava facendo sul suo interlocutore; e ne gongolava dentro.
Ma la realtà era diversa. Dopo quel primo caso che gli aveva dato un certo nome in città (ricordate la pietra di zaffiro rubata alla famosa diva e ritrovata da lui? sì, fu per un puro caso: si trovò al posto giusto al momento giusto, nulla di più…), dopo quel primo caso, dicevo, solo qualche pedinamento di fedifraghi; finché ne aveva avuto il fisico, qualche serata da accompagnatore / guardia del corpo per stelline in certa di visibilità; qualche dipendente infedele diventato ladruncolo e beccato sul colpo… cose così, insomma.
Poi aveva dovuto, gioco forza se voleva mangiare almeno due a volte al giorno, accettare di ritrovarsi sul libro paga di qualche personaggio di dubbia moralità.
Jimmy aveva sempre il cellulare acceso e disponibile per Mario LoVito, Alfreduccio Vona, Zelany Profumo. Sempre pronto a farsi dare l’indirizzo di qualcuno a cui risvegliare la memoria, da cui andare a prendere un pacchettino, ecc. ecc. .
Non cose grosse, ché per quelle c’era gente un po’ più ben messa di lui e con la pelle già abbondantemente bucata e ricucita, bucata e ricucita.
Lui andava bene per piccoli fastidi e anche per questo costava poco. Ma a lui bastava.
Era all’incrocio con la 4th Street, fermo al semaforo. Al verde girò a destra, altri 200 metri e sulla sinistra vide un Public Parking; mise la freccia ed entrò.
Rimase sul piano e cercò un posto vicino all’entrata: non si sa mai come vanno le cose, era sempre il suo motto.
Il nome di quella sera, quello a cui fare un discorsetto, era Tom, Tom Barroso.
Gli aveva dato appuntamento lì perché il Parking era a qualche isolato dal Chesnut Club, sulla Santa Monica, un night dove lasciava sempre un bel po’ di dollari quando ne aveva da spendere. Il prezzo del gin era alle stelle ormai e l’arredo femminile sempre più esigente.
Tom gli aveva detto di avere una Dodge Nitro MY gialla del 2010. Bella macchinina, aveva pensato Jimmy. E com’ è che con quel bolide non riusciva a saldare un debituccio a Zelany? si chiese.
Prese la piccola semiautomatica dal vano porta oggetti e la mise in tasca.
Scese dall’auto.
Erano le dieci e venti ma cominciò ugualmente a guardarsi attorno: un’auto gialla non rimaneva anonima e poteva darsi che Tom fosse già lì.
In vista non c’era nessuna auto di quel colore così vistoso, né piccola né grande.
Si poggiò al cofano della sua Mustang e incrociò braccia e gambe. Così facendo diede anche una controllatina alla pistola nella tasca della giacca senza dare sospetti.
Un’altro sguardo al mare di auto parcheggiate, e niente.
Ma da dietro una colonna quadrata a qualche metro da lui spuntò un uomo, più che altro un ragazzo, che avrebbe potuto essere un ispanico.
Avete presente un Antonio Banderas sui vent’anni? Ecco, proprio lui. Ma con una faccia cattiva, di uno che dalla vita non si aspetta passerelle e riflettori ma celle buie e coltelli volanti.
Si scambiarono un’occhiata e si agganciarono.
Tom, se era lui, gli si avvicinò con molta calma e si poggiò al cofano della macchina di fianco alla sua. Ognuno guardava davanti a sé.
- Tom?
- Jimmy?
- Facciamo in fretta o devo farti il ripasso? Sai, ho un po’ di premura…
Tom si allontanò dall’auto e fece per piazzarsi davanti a Jimmy. Ma Jimmy lo anticipò e si spostò a sua volta: non poteva dargli il vantaggio di stargli in piedi mentre lui era seduto e sbilanciato, nel caso l’avesse aggredito.
- Tranquillo, amico, non voglio farti del male. Anche perché con quella pistola che hai nella tasca della giacca faresti sicuramente più male tu a me. Hai qualche annetto ma da quel che vedo sei ancora abbastanza in forma…
Jimmy si stupì di sentirsi lusingato da quel complimento, anche se era dettato solo dall’istinto di sopravvivenza dell’Antonio Banderas dei rubagalline.
- Senti, ragazzo, come ti ho detto ho una qualche premura, quindi se hai quello che devi darmi, bene; altrimenti dammi almeno un buon motivo da riferire al signor Profumo sul perché torno a mani vuote. So che è la prima volta che succede che non sei puntuale…
- E chi ha detto che non voglio pagare? l’interruppe Tom che aveva spostato il peso dalla gamba destra a quella sinistra e stava mettendo una mano in tasca.
- Ehi, niente scherzi! scattò Jimmy portando la mano alla sua di tasca.
- Calma, amico! Vuoi quel che ti devo? Ce l’ho in tasca…
E tirò fuori un involto. Sembrava un vecchio, e sporco, fazzoletto a quadri bianchi e rossi. Lo aprì con molta calma e ne tirò fuori un mucchietto di banconote che dovevano essere stropicciate ancor prima di finire in quell’improvvisato portafoglio.
- Ecco – disse – questo è quello che devo al signor Profumo. E così dicendo fece un inchino e porse i soldi a Jimmy.
Jimmy tirò fuori da una tasca un fazzoletto bianco e con questo prese i soldi che il ragazzo gli stava porgendo.
- Ehi, quanta arroganza! Non sono mica infestati di pidocchi i miei soldi!
- Meglio essere tranquilli…
- Ma tu te ne vai in giro con questa? - chiese d’un tratto Tom indicando la Mustang oliva slavato.
- Sì, perché, non ti piace?
- No, no, ci mancherebbe! Se piace a te… comunque ha un suo non so che di fascino, è tenuta bene, gomme nuove, tirata a lucido…
- Faccio quello che posso, ragazzo.
Ci fu qualche attimo di silenzio, poi Tom riprese a parlare:
- Allora se tutto è chiarito… spero che il signor Profumo sia soddisfatto. Ti lascio andare alle tue faccende. Dov’è che hai detto che devi andare, stasera, che hai così fretta?
- Non l’ho detto.
Che poi che interessa a questo tipo? pensò Jimmy. Beh, per una volta nella vita poteva essere pure carino, in fondo il ragazzo aveva pagato quel che doveva senza fare storie, e sembrava avere una faccia da buono, per quel tipo di soggetti.
- Più avanti, c’è un night, il Chesnut Club, sulla 14th. Ogni tanto vado a passare qualche serata per rilassarmi.
- Mmh… magari andrai a spendere i soldi che ti sei guadagnato stasera con questo lavoretto facile facile…
- Mmh… magari non sono fatti tuoi…
- Ok, ok, mi arrendo. È stato bello conoscerti ma spero di non vederti più, almeno in queste circostanze.
- Dipende da te, ragazzo…
Tom si girò e andò via. Jimmy cercò di vedere verso quale auto andava, ma una volta che l’altro ebbe girato l’angolo, lo perse di vista. Aspettò qualche minuto per vedere se passava lì davanti verso l’uscita, ma evidentemente aveva lasciato la macchina in qualche altro piano.
Risalì in auto, uscì dal parcheggio, voltò a destra e poi ancora a destra, sulla Santa Monica.
Fatto qualche isolato, entrò sulla 14th Street e poi subito nel parcheggio del Chesnut Club.
Fu una serata come tante.
Incontrò Adam, un vecchio amico con cui parlò di scommesse; cercò come ogni volta di abbordare Fanny, la cameriera irlandese, che come ogni volta lo mandò garbatamente a quel paese da sotto quel diluvio di capelli rossi. Vide un pezzo di una partita di basket in TV, ma tanto distrattamente che quando terminò non ricordava neanche i nomi delle squadre.
Si era fatta l’una e capì che era ora di andare a casa per il sonno del giusto; sarebbe andato l’indomani da Zelany Profumo a portare i soldi di Tom.
Pagò e uscì dal locale.
L’aria della notte era fresca, odorosa del vicino Oceano: gli piaceva quella sensazione di pulizia che gli dava.
Cercò con gli occhi la sua Mustang ma fu invece attratto da qualcosa di giallo che si muoveva verso di lui.
Riconobbe subito una Dodge Nitro MY, che poteva essere di Tom, e che lentamente stava arrivando. Il SUV si fermo a pochi passi da lui e la testa riccioluto di Tom venne fuori dal finestrino.
- Ehi Jimmy, che coincidenza! Vado a fare un giro in cerca di amici e guarda chi ti trovo
- Siamo amici? rispose Jimmy con calma.
- Beh, insomma, neanche estranei…
- Cosa vuoi? disse seccamente l’investigatore, che stava cominciando a sentire qualcosa alla bocca dello stomaco.
- Niente, non ti preoccupare. Te l’ho detto, passavo di qua e ho visto la tua inconfondibile Mustang verde oliva. A proposito è laggiù in fondo, dietro il cartellone dell’insegna del locale. Bye bye!
Accompagnò il saluto con la mano, ingranò la marcia e sgommò verso l’uscita.
Jimmy adesso aveva quasi paura: perché quel tizio era lì ad aspettarlo a quell’ora? Come faceva a sapere dove aveva lasciato l’auto? L’aveva cercata? E perché?
Aspettò qualche istante per essere sicuro che il SUV fosse uscito dal parcheggio e poi si incamminò verso la sua auto.
Vide subito un biglietto sotto il tergicristallo. Con una grafia da seconda elementare c’era scritto: “hai dimenticato di farmi la ricevuta e me la sono fatta da solo”, e sotto: “il tuo amico Tom”.
O Tom era un autentico buontempone, ma in quell’ambiente non esistono buontemponi… buoni, oppure era un pericoloso vendicativo.
Poteva fidarsi di lui? Un’occhiata alla Mustang prima di salirci era meglio darla.
Si inginocchiò e guardò sotto l’auto: pareva che tutto fosse a posto. Aprì il cofano e guardò nel motore: niente fili tagliati o strani pacchetti.
Prima di salire diede un’occhiata anche sotto i sedili, nel cruscotto e dovunque si potesse nascondere qualche regalo indesiderato. La morsa allo stomaco cominciò a sciogliersi; poteva stare tranquillo.
Nel rimettere la semiautomatica nel cruscotto vide il pacchetto di Camel che l’adocchiava dal buio. Ma sì, pensò, me la sono meritata per oggi. Prese una sigaretta e se l’accese.
Ma si poteva dire che era l’ultima della giornata o, vista l’ora, era la prima del nuovo giorno?
Aspirò profondamente e girò la chiavetta dell’avviamento, e mentre lo faceva ebbe un lampo in cui pensò: e se il tipo ha collegato qualcosa all’accensione?
Non scoppiò niente.
Manovrò un po’ per uscire dal parcheggio e si avviò sulla 4th.
Era l’ora in cui sulla KBLA iniziava il programma di swing. Chissà perché la buona musica la fanno solo di notte, pensò.
Accese la radio e proprio mentre girava la manopola saltò tutto per aria.
Della Mustang, di Jeremy e dei soldi di Zelany Profumo non restava niente.
E la ricevuta di Tom era stata consegnata. 
 
 (opera protetta dai diritti d'autore)

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