lunedì 11 marzo 2019

Cambiamento... si fa preso a dire: cambiamento!

Oggi dobbiamo essere tutti felici! Altrimenti non saremo felici!
A me, luddista intellettuale, non fa paura il cambiamento.
Cambiare fa parte della natura, fisica mentale e spirituale, umana.
Ogni anno di questi tempi boccioli di ogni forma e colore riempiono i rami. Dopo un certo tempo dobbiamo cambiare le scarpe, che si consumano; gli abiti, che diventano logori. Spesso ci accorgiamo di avere amici diversi da quelli di qualche anno fa.
Quasi tutti i giorni, guardandomi allo specchio, scopro di avere qualche pelo o capello bianco in più...
A me, fa paura il cambiamento fine a sé stesso.
Mi fa paura il giovane (o il vecchio che 'si sente' giovane) che alla domanda: perché fai questa cosa? risponde candidamente: perché mi va di farla, che male c'è?
Tutto è misurato ormai su sé stessi. Siamo diventati, nel bene e nel male, metro della realtà (ricordate lo spot: perché TU vali!, che un fondo di realtà ce l'ha. Ma solo un fondo). Siamo tornati indietro di 300 anni (o meglio siamo figli di quell'epoca) quando si cominciò a dire che la realtà esiste solo per quello che io ne posso capire e carpire.
Il buon san Tommaso (che Dio l'abbia in gloria!) diceva che "la verità è l'adeguatezza/corrispondenza della cosa e dell'intelletto" (De veritate, q. 1 a. 2 s. c. 2). Oggi 'eminenti scienziati' ci dicono che "il mondo è una creazione della mente" (perché allora ululano di dolore se di notte beccano lo spigolo del comò col mignolino? bah...).
È sempre lui, Tommaso d'Aquino!

Così se una cosa "mi piace" è bella e buona. Se invece mi provoca domande o si frappone tra me e il mio piacere, allora è sbagliata, da eliminare, demonizzare.
Ecco, "demonizzare".
Abbiamo cassato il demonio dalla nostra realtà umana, ma abbiamo imparato a demonizzare ciò che non ci piace.
Addirittura parlare del demonio è visto come opera... del demonio! Un demonio illuminista, scientista, ma pur sempre un demonio, cioè qualcuno che vuole male alla società, che la vuole riportare nel medioevo, come se il succitato Tommaso d'Aquino, Dante Alighieri, Giotto, Guglielmo di Occam (sì, proprio lui, quello del 'rasoio di Ockham” – concetto tuttora alla base del pensiero scientifico) non venissero dal medioevo.
Forse mi sono spinto oltre, ho messo troppa carne al fuoco. E visto che scrivo queste cose per dare, a chi vuole, spunti di riflessione, non vorrei che queste poche righe procurino un'indigestione intellettuale.
Così, vi do' appuntamento alla prossima. Scrivetemi, se lo volete, qui sotto nei commenti o su Twitter (sono sempre io, tranquilli!) o su Facebook. Più siamo più ci divertiamo!

venerdì 8 marzo 2019

Luddista intellettuale a chi?

Ci stanno facendo perdere in un ingranaggio più grande di noi
Si diceva nel post precedente del luddismo: mi sto scoprendo luddista intellettuale.
Questo titolo, in verità (vogliamo definire: epiteto?), mi venne attribuito quando amministravo l'altro blog, anche se non ricordo di preciso per quale motivo.
E ora che le cose sono cambiate e mi ritrovo a vivere una nuova stagione di pensiero e di fede, mi accorgo che il luddismo non è lontano da me.
Se capiamo cos'è il luddismo, forse posso anche spiegare meglio come l'intendo io, visto che non mi occupo di telai e fabbriche tessili, ma appunto di pensiero e di fede.
Riporto la definizione dell'Enciclopedia Treccani:
Movimento operaio che in Gran Bretagna, nel 19° sec., reagì violentemente all’introduzione delle macchine nell’industria (ritenute causa di disoccupazione e di bassi salari); prende nome dall’operaio Ned Ludd, che nel 1779 avrebbe infranto un telaio. Gruppi organizzati di luddisti entrarono in azione per la prima volta a Nottingham nel 1811; la rivolta si estese nello Yorkshire, Lancashire, Derbyshire e Leicestershire. Gravi incidenti occorsi nel 1812 provocarono una dura repressione, con impiccagioni e deportazioni dei rivoltosi, e l’organizzazione parve disciolta. Nel 1816 si verificarono tuttavia tumulti analoghi, sempre con centro a Nottingham ed estesisi poi in quasi tutto il Regno e si ebbero nuove repressioni; pose fine all’agitazione il miglioramento della situazione economica generale.
Di certo Ned Ludd, se mai è esistito, non era contrario al progresso, ma solo preoccupato della disoccupazione e dei bassi salari come conseguenza dell'introduzione delle macchine tessili. La sua lotta e quella dei suoi compagni, anche violenta, era un grido non contro le macchine in sé (avevano orecchie le macchine? potevano sentire e capire?) ma contro un mondo che stava cambiando senza tenere conto dell'uomo, calpestandolo. Che, già da allora, si stava rivoltando contro il suo creatore.
Oggi, a distanza di più di 2 secoli, ridiamo con sufficienza di quelle persone e le chiamiamo con verbo sprezzante "luddisti". Ma poi vomitiamo veleno contro i robot che stanno sostituendo l'uomo nelle fabbriche.
Magari scrivendo un twitt su un ipertecnologico smartphone da 1000€.
Harry Pass, in tutto il suo fulgore...
Ecco, io mi trovo in mezzo ad un mondo dove sono tutti pazzi per la modernità non tanto e non solo tecnologica, ma anche intellettuale, sociale. Oggi se non sei Henry Pass non ti si nota. Se non urli volgarità (profumatamente pagate) come Fabrizio Corona all'indirizzo di Riccardo Fogli all'interno di un vomitevole programma presentato da una tizia a cui non resta che presentarsi nella prosima puntata completamente nuda (visto che non ha più vestiti da togliersi o da rimpicciolire) non sei argomento di discussione.
Bene, questo mondo non fa per me.
Questo mondo qualcuno l'ha costruito e lo sta usando (e non sono complottista!) come metodo di distrazione di massa per allontanarci dal centro di noi stessi, per rubarci l'anima.
Per rubare all'uomo la sua essenzialità e sostanzialità.
Forse ho messo qualche tassello in più per spiegarvi cosa intendo quando dico di essere un luddista intellettuale.

giovedì 7 marzo 2019

Luddismo intellettuale

Sì, è vero, sto invecchiando (ti mostro la mia carta d'identità?), e mi dicono che sono luddista.
Ma forse perché (ri)voglio l'armonia delle cose e il monachesimo (come redductio ad unum) dell'anima?
Oggi se non sei veloce, tecnologico, se non compari contemporaneamente su 3 social, semplicemente non esisti.
Se non ti lasci trascinare dal rap, se non mostri quei centimetri di pelle vicinissimi all'inguine (la tetta ormai è sdoganata da tempo e al "lato b" non fa caso più nessuno, nemmeno i voyer più incalliti...) nessuno ti... prende in considerazione, diciamo così.
E in un mondo in cui si declinano le generalità con nome cognome e numero di follower; in cui quando vai in TV ti qualificano come 'blogger', 'influencer' (ho appena scoperto che accanto al food blogger sono nati i food influencers...) , come se blogger e influencer fossero mestieri come altri se non migliori; in un mondo così, rischi di avere una rubrica telefonica limitata ai genitori e ai parenti stretti.
Non sei nessuno, insomma.
Secondo le categorie del 'mondo'.
Si tratta quindi di stabilire se ci si vuole omologare al 'mondo', alla cultura corrente o meno.
Perché uno dei barbatrucchi di questa società planetaria è che lei ti ama, lei ti coccola, lei ti indica la strada verso la felicità.
Ma siamo sicuri che la felicità della società planetaria sia anche la tua felicità?
Siamo sicuri che la società planetaria non sia un enorme influencer che vuole solo che tu ti abitui ai suoi gusti, al suo modo di vedere le cose per poi pian panino farti pensare che è bello, buono e giusto solo quel che vuole lei?
Io partirei da qui...
Buona giornata!
 

mercoledì 25 maggio 2016

... riverderci e grazie!

E così dicevo qui, che è venuto il momento di cominciare a cambiare rotta.
Cosa significa?
Significa che dovrò iniziare a metter da parte tante cose che in questi (quasi) 56 anni ho ritenuto prioritari o comunque importanti; che dovrò cominciare invece a cercare di fare e pensarne altre che ho sacrificato o nascosto.
Naturalmente non parlerò di ciò che riguarda la mia vita personale, anche perché a molti di voi non interessa.
Certamente però vorrete sapere che ho deciso di abbandonare ufficialmente le mie velleità da scribacchino. Per tanti anni ho sognato non di pubblicare un libro (avrei potuto farlo 'a pagamento'), ma quanto meno di scriverlo veramente. Ho buttato lì qualche centinaio di pagine tra racconti, un romanzo breve / racconto lungo, partecipazione a qualche esperimento di scrittura. 
Mi sono divertito, è vero, ma ora capisco che non fa per me; soprattutto non mi ha dato niente fino ad ora, e non parlo di soldi o gloria mondana.
Allora non scriverò proprio più? Non lo so, ma sicuramente non sarò più ossessionato se aprendo il PC mi troverò davanti a 3-4 lavori lasciati a metà e alla marea di raccontini o appunti per raccontini d'ogni genere. Non è questo ciò che ritengo, in questo momento della mia vita, importante. E magari, con questa nuova mentalità, può essere che arriva veramente qualcosa di importante!
Un libro, in verità, l'ho anche scritto, seriamente, insieme ad un amico.
È stato pubblicato lo scorso anno, nel mese di marzo, con una casa editrice "vera", cioè non di quelle che gli fai un bonifico e ti pubblicano anche il tatuaggio che hai sul malleolo; ma di quelle che ti pagano per scrivere.
Non vi dirò né il titolo né la casa editrice, tanto se volete potete cercarvelo su internèt.
Ma la cosa bella, o almeno a me pare tale, è che all'editrice (nel senso della tipa proprietaria della casa) è piaciuto il mio stile di scrittura e si è offerta di prenderere in considerazione per la pubblicazione qualsiasi altra cosa (nei limiti della decenza!) avessi voluto proporle. Le ho risposto che ho più di 150 pagine di riflessioni spirituali sparse, raccolte in questi anni, e lei si è detta interessata; basta che glieli metta in ordine prima di farglieli leggere.
Ma sono ancora lì, sparse in un file da qualche parte del PC.
Questo per dirvi un po' delle mie cose.
Quindi qui chiudo la luuunga parentesi, diciamo di un 45ina d'anni, di aspirante scribacchino.
E poi c'è il blog.
Avrete notato che l'ultimo post, a parte quello di ieri, risaliva al 4 marzo, e che gli ultimi articoli erano soprattutto gli "zibaldone" tratti da twitter.
Così è stato naturale pensare che questo che era il mio contatto col mondo "la' fuori" non avesse più senso. Non si tratta solo di chiudere il blog (anche se è, alla fine dei conti, questo) perché l'ho già fatto una volta e poi ho ripreso con quest'Osteria. Ma è il fatto di pensare di avere bisogno di comunicare (in questa forma) a qualcun altro la vita che faccio, le cose che penso.
Poiché, ripeto, ho deciso di guardare a me stesso, anzi dentro me stesso, e lì fermarmi, non sento la necessità di confrontarmi con altri, di raccontare le mie cose.
Questo non significa che non continuerò a seguirvi nelle vostre evoluzioni mentali e scritturistiche.
Certo dopo 8anni8 sarà un po' un trauma.
Qualcuno di voi sa che ho qualche social dove non sono poi molto attivo e che ne sto sperimentando qualcuno nuovo, ma qualcuno mi ha dato la cattiva notizia che la dashboard è solo in inglese e questo mia ha segato le gambe... Accetto suggerimenti per nuove piattaforme di microblogging; unico requisito: siano in italiano e semplici!
Qualcuno potrebbe anche aver notato che ora su Google il mio account ha una nuova intestazione: basta nomi fittizi (che restano in qualche social!). Potrei dire che questa cosa racchiude in sé tutto il mio cambiamento.
Per tutto il resto la mia vita scorre tranquilla.
Ho appena prenotato per la mia settimana di vacanze estive (quest'anno mi tocca il mare, ahiahiahi!); come vi dicevo la famiglia è cresciuta coll'arrivo del "nuovo" nipotino... Insomma, parafrasando Nuti: son contento.
Ah! la foto di copertina. Non è che tutto in una volta sono diventato vanaglorioso o borioso. Volevo solo dirvi, plasticamente, che in questi anni mi avete fatto sentire sempre al centro dell'attenzione coi vostri commenti e incoraggiamenti, tutto qui.
E così... rivederci e grazie!



L'Oste Juan * Post di chiusura dell' "Osteria da Milone", blog inglobato in questo ma che esiste ancora autonomamente.

martedì 24 maggio 2016

Storia di un orologio che non misura solo il tempo...

Ieri è finalmente arrivato un orologio che avevo ordinato, per mio uso personale, dal grossista di cartoleria. Lo guardo soddisfatto nella sua bella confezione a tubo trasparente, decido che è ganzo e che ci farò una gran bella figura quando mi metterò in mutande in spiaggia a farmi trapanare dai raggi UVA quest'estate. Magari mi resterà il segno bianco sul polso, ma tant'è. Guardatelo qui di fianco: non è uno splendore?
Comunque, lo giro e lo rigiro e poi decido di... metterlo in vetrina. Cioè, poiche è periodo di comunioni e cresime, mi dico che magari a qualche nonna/zia potrebbe piacere come regalo per il nipotino facente sacramento. Tanto io l'orologio ce l'ho e funziona. Se nessuno lo pretenderà (dietro pagamento di 19,90 €) lo prenderò per me.
Stamattina prima di uscire per venire in negozio metto al polso il mio fido orologio ormai ultra quindicenne e... tac! Guardate un po' qui...



... morto! batteria scarica!
Ora ditemi voi se non è un segno del destino!
Cosa farò ora? Spendero 4/5€ per far mettere la batteria ad un orologio che comunque doveva andare in pensione, o toglierò alla nonnina la soddisfazione di regalare un bell'orologio per la prima comunione al nipotino?
Naturalmente non ve lo dico, non è che svelando la cosa porterò la pace del mondo, quindi...
Ma dicevo: non è questo un segno del destino?
Tra meno di tre mesi compirò 56 anni, più o meno due terzi di quella che potrebbe essere la mia vita. Diciamo che finora non mi posso di certo lamentare di quel che ho avuto: non ho grosse malattie, ho una famiglia che mi vuole bene, un lavoro che (tenendo conto del momento) non mi ha ancora affossato economicamente.
Ma poi penso che di fronte alla storia del mondo, anche solo a quella dell'uomo, a milioni di anni insomma, la mia vita non è che uno sputo.
Penso che noi misuriamo la realtà su un parametro, diciamo, 10 quando in effetti si tratta di 1 milione. Vediamo cioè le cose dal nostro punto di vista (quelle di uno sputo) invece che da quello dell'oceano, cioé dell'umanità. Pensiamo solo alla storia dei migranti che ci sta sconvolgendo la vita e le coscienze (almeno a chi ce l'ha, una coscienza): dovremo pensare a cosa significa questo movimento di massa nella storia dell'umanità e del mondo non nel nostro bel giardinetto chiuso e finito. Sarà la storia a giudicarci, non la mente contorta e spesso distorta di un leader di partito che difende i propri interessi.
Perciò ho pensato che è arrivato il momento di mettere mano al volante e, pian piano, cominciare a cambiare direzione.
Ma di questo vi parlerò fra qualche giorno, forse domani...
Ah, voi avete mai fatto un elenco delle cose per cui vale la pena di vivere?




Il perplesso Oste Juan

mercoledì 2 marzo 2016

Il nome di Umberto Eco (2)

(Andate a rileggervi qui la prima parte)
... Così decisi di trovare un posto tranquillo dove continuare a leggere.
La storia non si può fermare.
Il primo posto che mi venne in mente fu proprio il grande giardino in cui era immersa la facoltà. Perciò attraversai la piazza in direzione Stazione Termini e mi fermai sotto la pensilina del capolinea del 90 (il numero lo ricordo come fosse oggi!) che mi avrebbe portato, dopo aver attraversato tutta via Nomentana, all'altro capolinea, proprio a pochi passi dall'Università.
A quell'ora il pulmann era abbastanza vuoto e trovai da sedere.
Non volli però riaprire il libro, per non perdere l'atmosfera. Giocai invece, come sempre, a indovinare la vita delle persone.
Devo amettere con un po' d'imbarazzo di aver sempre avuto una 'fissa': osservare la gente. Non in modo morboso, ma per rubarne il pezzo di vita che portano in sé.
[Excursus. La mia concezione del mondo è più o meno questa (mettendo da parte l'aspetto di fede): noi viviamo in un tutto completo in sé, anzi siamo parte di un tutto. Un tutto che è perfetto così com'è, non perché sia il top, ma perché è il meglio di quello che realisticamente possiamo avere. L'innalzamento della temperatura globale è sicuramente un dramma, ma finora abbiamo avuto quello che ci ha permesso di andare ugualmente avanti: il meglio di quello che possiamo avere.
Perciò osservando le persone nei loro gesti, rubando le loro conversazioni, leggendo ciò che scrivono, completo l'immagine del mondo che mi serve per comprenderlo e viverci sempre meglio. È un discorso lungo e complesso; magari qualche volta lo facciamo, che dite?] 
Intanto il pulmann si era fermato e aveva spento il motore in attesa di ripartire e tornare a Termini.
Feci la breve salitina fino alla facoltà ed entrai.
Conoscevo diversi posti dove 'infrattarmi' per continuare in tranquillità la lettura e ne scelsi uno al sole, ché l'aria era ancora abbastanza fresca.
Guglielmo da Baskerville e Adso da Melk continuavano nelle loro investigazioni, il primo soprattutto dell'animo umano senza dimenticare i misteri terreni; il secondo (affidatogli perché fosse istruito) scopriva aspetti della vita che un giovane novizio benedettino come lui non immaginava neanche e neanche avrebbe dovuto, a cominciare dai piaceri della carne a cui viene iniziato dalla giovane amica del monaco Remigio.
Le figure dei monaci del monastero continuavano a girare attorno ai due, fino a diventare veri e propri pericoli.
Ma non sto qui a raccontarvi la storia, che conoscete sicuramente tutti.
A mezzogiorno mangiai qualcosa in una tavola calda poco fuori i cancelli della facoltà, tornai dentro, cambiai panchina ché anche il sole aveva cambiato posto, alle tre entrai per l'incontro cui dovevo partecipare.
Poi il pulmann mi riporto a Termini e da lì in una decina di minuti a piedi arrivai alla pensione dove facevo sempre tappa.
Solita cena a base di pizza, che l'egiziano lì sotto faceva in modo strepitoso e poi, visto che già a quei tempi non era 'igienico' girare per certe zone di sera e perdipiù da solo, subito in camera a riaprire il libro. 
Non sto a raccontarvi che rimasi in piedi fino a tardi per finire la lettura perché non è vero: quando è un certo orario io devo chiudere gli occhi e dormire, specie se la giornata è stata impegnativa come lo era stata quella.
Perciò chiusi il libro e mi addormentai.
E la mattina seguente, dopo la colazione al solito bar, eccomi finalmente alla ricerca di un altro posto tranquillo dove leggere come andava a finire, che trovai in un piccolo parco vicino il mercatino rionale.
Così lessi e seppi "chi era stato". E non solo, ma capì anche che "Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus" (Della rosa primigenia esiste ormai soltanto il nome: noi possediamo nudi nomi" *.
Insomma: cosa mi ha lasciato aver letto Umberto Eco?
Il nome.
Come 'di ogni cosa a noi non resta che il nome', così ugualmente d'ogni persona resta quello che noi abbiamo trovato nel suo pensiero.
Eco mi ha fatto vedere una sfaccettatura della vita e del mondo, mi ha dato una chiave di lettura della storia d'oggi raccontandomi una storia di ieri.
Certamente il suo modo di raccontare mi ha immerso totalmente in quell'abbazia e mi ha dato un paio d'occhiali speciali (non quelli appena sperimentali che usava Guglielmo!) per vedere il mondo. 
Di Eco, dicevo, non (mi) resta che il nome. Dalla lettura di quel libro ho imparato l'angolazione-Eco: davanti ai fatti della vita, ho imparato ad immergermi, ad entrare in empatia con le cose e con le persone.
E il tutto, che non guasta, attraverso una piacevole e intrigante storia mistery!

L'Oste Juan

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* Con queste parole termina il libro.